Organizzazione della gita
Roby
“Ciao Claudio, che ne dici di fare il Canalone Coolidge al Monviso per Pasqua?”
Lui mi risponde: “Figata, mi è già saltato una volta e vorrei riprovare. Temiamo d’occhio il meteo.”
Così è iniziata la non preparazione alla prima corsa lunga in montagna che ho provato. Ovviamente meteo per Pasqua: pessimo su tutto l’arco alpino. Qualcuno va in Sardegna, qualcuno in Puglia.
Puntuale arriva il messaggio di Claudio: “Allora Robi visto il meteo pessimo ci sei ancora per quella proposta di corsa che mi avevi fatto?”
Come faccio a farmi sfuggire l’occasione? D’altronde a est sembra che le previsioni siano un pochino meglio.
“Ok, Claudio. Ci sono. Allora vediamo di organizzare qualcosa in Dolomiti”.
Da arrampicatori l’Est delle Alpi vuol dire dolomiti. Ovviamente troppa neve in giro per fare qualcosa di sensato. C’è però quella montagna li, con un po’ di cime vicine. Il Monte Grappa. Che idea!
I giorni passano, l’organizzazione è ancora ferma a quel messaggio del 15 Aprile da parte di Claudio, quattro giorni prima del ponte di Pasqua: “Se abbandoniamo, io considero l’idea di andare in Sardegna prima con gli altri”.
Io non ho mai fatto nulla del genere, le uniche camminate che ho fatto sono per raggiungere una vetta oppure l’attacco di una via. Così Claudio mi dà una dritta: “Cercherei un percorso di circa 50km con 6/7000m di dislivello”. OK. Inizio così a mettere dei pallini di passaggio su una di quelle APP che fanno la traccia, Komoot. I chilometri e i metri di dislivello iniziano a salire, anche se vederli li tutti vicini sul display del computer mi sembrano sempre vicini. “Allora vorrei passare anche da quella vetta, poi già che ci siamo facciamo anche l’altra li vicino e perché no cambiamo anche valle”. I pallini si aggiungono e così l’app mi dice: “ 105Km, 6200m dislivello positivo, 49h25m di percorrenza, Tour generalmente completato in 8 – 16 giorni”. Allora mi confronto con Claudio che mi risponde: “Ah, grande! Ottimo”.
Perfetto allora, il tour è pianificato.
Claudio ha già fatto qualche scampagnata del genere, mi spiega che si cammina e si riposa ogni tanto.
Perfetto, domani si parte. Zaino leggero. Tante barrette energetiche, un piccolo piumino che si comprime bene, la frontale e una “metallina”, quei sottili teli termici che in teoria tengono il calore corporeo se avvolti su di sé. D’altronde niente prenotazione perché chissà quando, dove e se dormiremo. Claudio mi consiglia anche dei sotto pantaloni e delle calze di ricambio. Mi sembra una buffa idea, ma eseguo.
Partenza sabato mattina da Milano, rientro lunedì pomeriggio.
Claudio
La pianificazione di questo ponte Pasqua-25 Aprile-1 Maggio, che tempo fa sembrava perfetta, si sta mano mano sgretolando. Con la quantità di neve che ha fatto la scorsa settimana il canalone Cooldige forse è fattibile scavando una galleria sotto la neve, e anche le previsioni del fine settimana di Pasqua sembrano veramente pessime e impredicibili, cambiano di giorno in giorno.
Mentre penso al da farsi, ricordo che Roby tempo fà aveva buttato lì un frase del tipo: “vorrei provare a fare un giro di più giorni con tanti chilometri e dislivello, portando uno zainetto leggero e dormendo dove capita”, la cosa mi aveva un pò sorpreso, solitamente lui è sempre avverso a tutto ciò che assomiglia vagamente ad un escursione, però mi era rimasta impressa, perché pensai che sarebbe potuto essere un ottimo compagno per le corsette che a quanto pare non riscuotono grande successo.
Quindi, dopo un accurata elaborazione di tutti i possibili incastri di impegni e attività che potevo infilare in quei giorni mi decido, il piano che avrei preferito più di tutti era quello di iniziare le vacanze con un bel lungo giro in montagna con Roby, ora dovevo solo proporglielo. Mi sarebbe piaciuto cercare un percorso, studiarlo e poi proporglielo ma dato la mancanza di tempo per fare tutto ciò opto per un messaggio talmente vago che lui avrebbe potuto anche interpretarlo come un: “andiamo a fare una grigliata alla collinetta di San Siro?”
Sorprendetemente lui accetta, e non solo, nei due giorni successivi penserà anche alla pianificazione, nonostante io continua a dirgli “poi ci guardo” se ne esce con un bel piano e non mi manda neanche a quel paese.
Insomma per una volta gli astri sembrano coincidere tutti, questa occasione non bisogna farsela sfuggire!
Partenza da Bassano del Grappa
Roby
Arriviamo alla partenza a Bassano del Grappa. Pioviggina. Ottimo, solite previsioni meteo affidabili. Al parcheggio si sistemano gli zaini. Il mio è bagnato. Quello di Claudio invece è fradicio. Inventeranno mai una camel bag che funzioni per davvero? Dopo avere titubato sulla possibilità di usare uno zaino da alpinismo da 40L che aveva in baule, si convince che potrebbe essere un po’ scomodo. Una asciugata con le ventole della macchina e via. Si parte alle ore 10:00, senza pioggia e con lo zaino umido.
Non piove, ma in aria c’è un’umidità di circa 100%. È tutto bagnato, fangoso e umido. Saliamo bene, stiamo bene. Non dobbiamo esagerare, il giro sarà lungo. Oggi li chiamano trail o anche ultra trail. Ad ogni modo mi sembra una bella e lunga passeggiata che cerchiamo di concludere in tempo ridotto.
La prima cima è il Monte Grappa. Dislivello 1500m, tempo 1h30min. In cima il panorama è identico al foglio per stampanti A4. Bianco. Siamo immersi nella nebbia e nuvole. Non si vede niente. Solo nebbia. Non solo la si vede bene questa nebbia, ma ti entra dentro i vestiti, le ossa.
Giusto il tempo per ammirare il Sacrario militare e via, verso la cavalcata di creste che ci attende. Un bellissimo tratto di sali e scendi in quota. Probabilmente bello come il panorama di cui non vediamo assolutamente niente. Visibilità circa 50 metri. In discesa si corre. Ci scostiamo un pochino dalla traccia perché il GPS pare si discosti un pochino dal sentiero che stiamo calpestando. Quando ci allontaniamo ancora un po’ dalla traccia è troppo tardi. Ci tocca fare la solita “ravanata”. 50 m di dislivello in discesa. Il pendio è senza traccia. Solo rocce che si muovono, fango e erba bagnata. Arrivati nel canalino in fondo ci aspettano altri 50m di dislivello in salita. Ancora rocce barcollanti, fango e erba bagnata.
Di nuovo in traccia, di nuovo di corsa e ci troviamo a Segusino. Un paesello vicino a Valdobbiadene. Niente prosecco questa volta. Riempiamo le borracce, mangiamo un tramezzino in uno squallido baretto del paese, e si riparte. Ore 18:00. Fatti circa 32Km e 1800m dislivello positivo e altrettanti in discesa.
Claudio: “se riusciamo a passare i 50km oggi con altri 2000m dislivello sia positivo che negativo, vuol dire che domani possiamo anche concludere il giro, prima del previsto”. Ma qual è l’oggi e il domani visto che non si dorme? E quanti sono altri 20Km da adesso? Domande a cui penso ma non esprimo. Se Claudio dice così, sarà poi sensato. Quello che invece rispondo è: “perfetto, proviamoci”.
Si riparte dopo la pausa tramezzino di mezz’ora. Si sale. L’umidità varia costantemente tra il 95 e il 100%. Quando entriamo, a quota 850m, tra le nuvole l’umidità probabilmente raggiunge il valore del 200% oltre ogni legge della fisica. È tutto bagnato. Zaini bagnati, vestiti bagnati, scarpe nuove appena comprate in gore-tex fanno sì che i piedi siano anch’essi bagnati. Ci riportiamo in quota a circa 1300m verso le 20:30. Le frontali illuminano bene. Si, illuminano bene la nebbia in cui siamo immersi. La visibilità si riduce a circa 10m. Santo il GPS. Abbiamo telefoni e orologi con tracce salvate. Seguiamo costantemente una freccetta blu sul display, in modo tale che rimanga lungo la lineetta azzurra che è il nostro tracciato. Quel tracciato accuratamente programmato due giorni prima. Sono le 21:30 e ci manca poco per l’ultima vetta. La condensa si trasforma in pioggia, fortunatamente lieve. In lontananza però i lampi si fanno vedere. E’ la prima cosa che vediamo che non sia nebbia e display. Decidiamo così di non fare l’ultima vetta e iniziare la discesa. 1300m di discesa. Sempre buio, sempre nebbia illuminata da frontali, sempre tutto umido e bagnato. Claudio: “Robi anche a te il GPS fa andare di qui?” “Si”, rispondo. Perfetto niente sentiero. Proseguiamo tra l’erba. Erba alta e bagnata. I piedi sono a mollo in due vaschette d’acqua. La discesa è più lunga del previsto. O meglio, noi siamo più lenti del previsto. Ci concediamo una sosta di qualche minuto in un piccolo bivacchino diroccato, dove l’umidità scende drasticamente a un valore di circa 85%. Ancora discesa, ancora erba bagnata.
Claudio
Eccoci arrivati a Bassano del Grappa, con alle spalle una settimana piuttosto impegnativa dalla quale ne sono uscito distrutto ma a darmi la carica c’erano le due settimane di vacanze che iniziavano proprio in quel momento.
Scendiamo dalla macchina, carico la mappa nell’orologio e leggo 105km rimanenti, in quel momento provo una sensazione particolare come di assorbimento, tutto il resto sparisce, ora ho un obbiettivo, uno solo da perseguire e questa volta non sono neanche da solo, cosa può andare storto?
Ci incamminiamo, i primi km filano lisci, come sospettavo Roby non da alcun cenno di fatica, mi sta dietro senza alcun problema sia in salita quando acceleriamo il passo ed in discesa quando si corre, anzi ho proprio l’impressione che se non fosse per me lui andrebbe decisamente più veloce. Ma di questo avevo pochi dubbi, non credo di averlo mai visto stanco, credo seriamente che non possegga proprio questa innata abilità. Comunque meglio così, non siamo in competizione, tutt’altro, è una fortuna poter contare su di lui.
Il percorso prosegue tra le creste, che a detta di molti sono dei punti panoramici come pochi se ne possono trovare, a sud si può scorgere la laguna di Venezia, e a Nord i bellissimi massicci delle dolomiti. Tutto questo noi potevamo vederlo solo attraverso le foto di altri nel telefono perché la visibilità era praticamente 10m data la nebbia fitta che c’era.
Arrivati ad un paesino dopo circa 30km ci rifocilliamo e decidiamo (scoprirò poi che probabilmente ero io a decidere) di ripartire, il meteo continua ad essere pessimo, la seconda salita ci porterà a circa 3000m di dislivello fatti ed io inizio a sentirli tutti, Roby ovviamente no, sembra appena sceso dalla macchina.
La discesa sarà un calvario, scarpe bagnate ed una voglia irresistibile di amputarmi i piedi, ma purtroppo sarebbe stato difficile arrivare a valle senza, quindi decido di tenerli ancora per un pò.
La notte
Roby
Arrivati allo stesso paesello di Segusino, poco più a sud, cerchiamo un riparo per riposare le ginocchia e soprattutto per godere di stare in un posto che sia al di fuori delle nuvole. Sembra addirittura secco l’ambiente. Quando poi vediamo l’asfalto bagnato, capiamo che è un secco relativo rispetto a quanto eravamo abituati. Sono le 00:30. Cerchiamo un parchetto. Un parchetto dove di giorno i bambini giocano e di notte i senza tetto trovano riparo tra gli scivoli o sotto a quei castelli dei pirata. Nessun parchetto nella cittadina di Segusino. Fortunatamente sono con quel genio di Claudio. Appena vede una stalla gli si accende una lampadina. “Chi vuoi che ci sia in una stalla di notte?”. Ci avviciniamo. Una scala a pioli esterna porta di sopra dove si intravede del fieno. “Perfetto Claudio, andiamo sopra e dormiamo sul fieno!” Claudio non se lo fa dire due volte. Sale sul primo piolo. La scala è marcia e il primo gradino si sfonda. Ok, piano B. Al piano terra c’è un telone che fa da porta. Dentro un trattore tutto impolverato, qualche attrezzo marcio e un lavatoio abbandonato. Sembra il posto perfetto! Claudio scorge una porta. La apre nella speranza di trovare una stanza più accogliente e magari meno umida. Un pollo inizia a volare in giro e quasi scappa fuori. Ok va bene dormire col trattore. Come materasso mettiamo a terra ciò che troviamo. Claudio opta per dei cartoni marci e vecchie confezioni di cemento, io invece prendo dei ciuffi di fieno. Ognuno si illude nella propria testa che potrà essere un alloggio comodo per la notte. Indosso i sotto pantaloni che mi aveva suggerito Claudio di portare e le calze di ricambio. Strizzo quelle bagnate nel lavatoio illudendomi di trovarle meno bagnate l’indomani. Indossiamo tutti i vestiti che abbiamo, la miracolosa metallina e ci buttiamo sul letto improvvisato.
Claudio: “Ma i galli non cantano alla mattina?” A quanto pare no!
Ogni ora c’è un gallo che canta. Canta a tutta voce nella stanza accanto a noi, anche se a dire la verità è che siamo noi accanto a loro. Riassunto della notte: freddo, una sveglia del gallo ogni ora, ancora freddo, la metallina fa condensa all’interno, il materasso non è poi così comodo come ci eravamo illusi, ancora freddo.
Dopo quattro ore di agonia ci si alza. Indossiamo le calze fradice del giorno prima e via.
Claudio
Tutto ciò che desidero da alcune ore è togliermi le scarpe i calzini e sdraiarmi con le gambe sollevate, ogni costruzione che scorgo mi chiedo se può essere quella giusta per ospitarci. Roby sembra più restio ad entrare dentro una costruzione per passare la notte, sembra cerchi più un giaciglio sotto le stelle, non capisco bene il perché, penso che chiunque sarebbe felice di sapere che ha ospitato due povere anime in pena come noi in quel momento, e non avremmo sicuramente rotto niente per entrare.
Dopo innumerevoli ipotesi andate in fumo, scorgiamo una specie di fienile lungo la strada, ebbene si, questa volta ci siamo, ai nostri occhi sembra un hotel 5 stelle. Dopo aver scartato la camera con vista al secondo piano decidiamo di entrare al piano terra; come prassi ogni qualvolta si entra in una camera di hotel, si aprono le varie porte per ispezionare la camera, faccio altrettanto e scorgo delle simpaticissime galline, richiudo velocemente prima di farle uscire.
Tempo 10 secondi ed io mi ritrovo steso a terra sopra dei cartoni, Roby invece molto saggiamente si sta preparando il letto, si mette il pigiama, tira fuori la coperta (metallina) e poi dopo circa 15 minuti si corica, e nonostante il dolce suono del gallo ogni 30 minuti sembra dormire di gusto.
Quelle 3-4 ore che passeremo li per me saranno solo sofferenza, ogni 10 minuti circa cerco di fare qualcosa che aumenti il livello di comfort, mi cambio i calzini, mi metto i sottopantaloni asciutti, sistemo i cartoni, tiro fuori la metallina, ma nonostate tutti questi vizi non riesco ad addormentarmi e continuo a sentire freddo per tutta la notte.
Quando capisco che Roby è sveglio non ci penso due volte e gli dico: “Ripartiamo?”, dalla sua risposta percepisco che anche lui non ha passato una bella notte.
Si riparte fino alla fine
Roby
“Aspetta Claudio. Non capisco. Perché al posto delle gambe ho due pezzi di legno? E perché questi pezzi di legno me li hanno imbullonati alle anche?”
Non credo di poter finire il giro in queste condizioni. Claudio sembra essere messo bene. Dunque lui conclude il giro e io prendo il bus. Lo penso ad ogni passo. Forse glielo dico o comunque glielo faccio capire. Impossibile per me fare quello che ci manca. Rimangono ancora 40Km e 2800m positivi e negativi. Impossibile.
Claudio è paziente e mi incoraggia: “Dai, ci rimane solo una lunga salita e abbiamo un sacco di tempo. Possiamo andare con calma”.
Effettivamente nella nostra non programmazione c’è stato un errore. La traccia prevede di tornare indietro, salire di 700m e ritornare di qui. Ovviamente scartiamo l’idea e guadagniamo così 700m. L’unico imprevisto è che non incontriamo fontane. Va beh, incontreremo qualcosa strada facendo. I primi 650 alle 5:30 mi mettono alla prova. Tra ginocchia e anche fanno a pugni per aggiudicarsi il titolo di maggior dolore inferto. Io nel dubbio continuo a mettere un piede davanti all’altro. Claudio è più veloce. E’ più fresco. Va avanti poi si siede e mi aspetta. Questi 650m di dislivello sono veramente lunghi, penso di averci messo decisamente di più rispetto ad un tempo medio. In realtà scopriremo di averli fatti in circa 1h45min. Non male per essere in quelle condizioni.
Alle 6:30, verso la fine della agonizzante salita, vediamo una cosa che si infiltra tra le piante. Ebbene si. Sono dei raggi solari. Dopo 20 ore di nebbia, scorgiamo della luce. Claudio: “Super! Appena troviamo una baita ci fermiamo al sole, mangiamo qualcosa che non sia una maledetta barretta e asciughiamo le calze”. Ottimo, non ci importa più del tempo di percorrenza. Pensiamo solo a concludere il giro in maniera tale da riposare in un luogo sensato, tipo una macchina per intenderci. Bel piano. Veramente un bel piano se il sole avesse retto e se avessimo trovato una maledetta baita. Le poche baite che incontriamo sono chiuse, buona Pasqua! Fontane nessuna. Le nuvole tornano a farci compagnia. Niente panorama. Acqua finita per Claudio. Le mie gambe…quali gambe?
Dai telefoni vediamo che possiamo saltare gli ultimi 200m per la vetta del Grappa. Claudio: “L’abbiamo già fatta ieri la vetta, ce li risparmiamo questi 200m?” Ovviamente sono d’accordo. Restano solo 600m di dislivello. Purtroppo restano anche 12Km di sviluppo. Per farli ci impieghiamo 5 ore. Un’agonia. Vedo Claudio più avanti. Lo vedo saltellare e scorrazzare per la montagna, per poi trovarlo seduto o sdraiato che mi aspetta. Per lo meno è quello che mi sembra. La mia non è più né una camminata né tantomeno un trail. E’ solo la mia testardaggine che mi dice di mettere il piede destro davanti a quello sinistro e poi il contrario.
Gli ultimi metri di salita sono devastanti. Siamo su di una strada asfaltata. Siamo distrutti e siamo d’accordo. Se passa una macchina facciamo autostop. Sarà colpa del meteo, sarà colpa della Pasqua, ma non passa nessuno. Solo una macchina. Due persone a bordo. È perfetta. Fuori il pollice bene in alto e faccia mezza sorridente e mezza che chiede pietà. Riceviamo in cambio una mezza smorfia. Niente passaggio. Si scenderà a piedi. Gli ultimi 1300m. Ormai è sempre la solita routine: piede sinistro, male all’anca, stringi i denti, piede destro, male al ginocchio stringi i denti, guarda la quota, sempre la stessa. La traccia scende ripida ed è un sollievo perché scendiamo più velocemente ma anche una tortura per le ginocchia…quali ginocchia? Claudio è sempre più avanti, è maledettamente più in forma di me. Va avanti e lo ritrovo seduto o sdraiato che mi aspetta. All’ennesimo ricongiungimento sento Claudio: “porca miseriaccia, abbiamo sbagliato sentiero. Stiamo scendendo dal versante sbagliato!”. Ovviamente tornare su è fuori discussione. Ok, scendiamo di qui al primo paese che troviamo e poi ci spostiamo a Bassano del Grappa. Sappiamo che è Pasqua, non ci sarà nessun autobus ad attenderci. La strada è lunga, molto lunga. Scende molto ripida nel fitto bosco scosceso. Una lieve traccia fa centinaia di stretti tornanti per poi tagliare in costa. Altre centinaia di tornanti e altri traversi. Non finisce mai. Ogni tanto ci buttiamo a terra illudendoci che possiamo riposare. In realtà non siamo stanchi, abbiamo solo le articolazioni fuori gioco. Claudio si accascia e io ne approfitto per sedermi. Mente abbraccio un masso per scivolare a terra, tecnica ormai collaudata per sedersi a terra, noto sulle scarpe e sulle gambe un sacco di insetti. Perfetto, sono zecche. Ho circa una ventina di zecche per gamba e Claudio è sdraiato a fianco a me. “Alzati Claudio! Meglio non riposare qui!”. Una scrollata dalle zecche e si riparte. Già ho capito quale fantastica attività mi toccherà una volta arrivato a casa. Credo sia stata la discesa più lunga di sempre. È del tutto infinita. Ad ogni tornante, ce ne aspetta un altro. Ad ogni cambio di pendenza ci aspetta un altro pendio. Poi ancora bosco, tornanti e pendii. Ormai non vedo più Claudio da un po’. E’ troppo veloce per me, lo rincontrerò più avanti mentre si è addormentato in mezzo alla mulattiera comodamente sui sassi appuntiti e senza scarpe. Non lo avrei mai pensato prima, ma sono contento di sentire i primi suoni della civiltà, mezzi a motore, i clacson delle macchine. Questa è musica! Altro che quegli stupidi cinguettii dispersi in quel fantastico bosco isolato. Sono passate 30 ore e Claudio è senza acqua da almeno 6 ore. Io ne ho risparmiata un po’, bevo di meno. Gliela offro. Prende ogni tanto un sorso ma è troppo gentile per approfittarne. Scorgiamo un paesello. Puntiamo dritto al campanile, Claudio è a piedi nudi. Campanile uguale chiesa uguale fontanella. Ovunque, ma non qui. Incontriamo le prime persone, guardando i loro volti campiamo che sono i nostri volti che hanno qualcosa di strano. “Ok Claudio, andiamo al prossimo paesino, dovrebbe essere più grande, troveremo dell’acqua.” Dopo pochi minuti una fontana, che bella sensazione. Ad ogni modo non è ancora finita. Dobbiamo tornare alla macchina con le nostre gambe. Un’ultima pausa su di un prato, dove parcheggiano le auto. Claudio si appisola e io inizio a staccare un po’ di zecche con le unghie. Stringo piano, ruoto e tiro. Tre si staccano bene, mentre due ho dei dubbi. Finito il lavoretto, alquanto approssimativo, Claudio si sveglia. Ci tocca ripartire. Chiediamo al buon Google quale sia la strada più veloce per raggiungere il nostro parcheggio. “Quanto ci vorrà Claudio, secondo te? 40 minuti?” Claudio: “magari riusciamo anche in 30”. Avvio il navigatore. Perfetto, 1ora e 3 minuti. Non diciamo niente, camminiamo soltanto con la solita routine, piede sinistro, male all’anca, stringi i denti, piede destro, male al ginocchio stringi i denti, guarda i minuti mancanti, sempre gli stessi. La vera beffa è passare dall’atterraggio di parapendio e vedere tutte quelle vele che scendono dolcemente dalla vetta del Grappa. Mi maledico nell’aver lasciato la mia vela a casa.
Arriveremo alla macchina domenica alle 17:32, dopo 31h21min delle quali 21 in movimento, 5307m di dislivello positivo e negativo. Abbiamo bruciato 11368kcal, tutte di barrette e bevuto 2,5L di acqua. Per percorrere 50m dalla macchina al meritato hamburger ci impieghiamo circa 5min. Non mi inoltro nella descrizione sulla discesa delle scale della metro.
È stato il mio primo trail, la mia prima corsa in montagna. Distrutto, sfinito e con un sorriso da ebete sul volto mentre svengo nel letto di casa. Il primo messaggio che leggo la mattina seguente è di Claudio: “Lavaredo 80K, 4600+, Tmax 22ore”.
Claudio
Nonostante le soluzioni adottate le scarpe sono ancora completamente fradice, ci aspetta ancora molta strada da fare e i piedi fanno ancora malissimo, sorprendentemente però il resto del copro sembra essere integro, anche le ginocchia ancora si muovono senza lamentarsi.
Vedo che Roby si muove in modo un pò strano, cerca di sfruttare il movimento del corpo per portare avanti una gamba e poi l’altra senza muovere le ginocchia, che stia sperimentando una nuova tecnica per risparmiare energia?
Poco dopo mi dice che effettivamente fa fatica a muovere le gambe, e non sa quanto riuscirà a proseguire, io rispondo prontamente per fargli capire che non importa quanto ci mettiamo o dove arriviamo, convinto che in 10 minuti si sarebbe ripreso e avrebbe continuato saltellando, in fondo è Roby Zago, lui non si stanca.
Sorprendentemente continuiamo, nonostante lui non sia riuscito a riprendersi ed io ad ogni passo soffrivo come se avessi degli aghi all’interno delle scarpe pronti ad infilzarmi ogni qualvolta appoggiavo il piede a terra, siamo saliti. E’ inquantificabile la forza che ci hanno dato i primi raggi di sole che si vedevano affiorare tra le piante, un sole che non vedevamo oramai da più di 24h.
Io per tutto il giorno ho continuato a credere nell’idea di trovare un rifugio/malga aperto che ci servisse un bel piatto di pasta al caldo, così da far asciugare anche le scarpe, e riparire come nuovi. Roby sembrava più realista ma nonostante questo non infrangeva i miei sogni, forse perché un pò ci sperava anche lui, o forse perché agli scemi si da ragione 🙂
Gli ultimi 30km sono effettivamente stati infiniti, Roby faceva fatica a camminare ed io facevo fatica a stare in piedi, tant’è che cercavo di andare più veloce di lui per potermi poi buttare a terra e togliermi le scarpe così da alleviare il dolore per qualche minuto. Avevo un pò di timore che interpretasse male questo andare avanti e poi aspettarlo, ma così non è stato, e ne sono felice.
Dopo più di 30h siamo arrivati insieme alla macchina, e che dire… un’emozione che penso chiunque possa comprendere, gioia per essere riusciti in ciò che avevamo pianificato, per aver terminato di soffrire fisicamente, perché ora saremmo potuti andare a mangiare e bere ciò che preferivamo, perché la notte avremmo potuto dormire caldi in un letto, perché avanti a noi c’erano ancora le vacanze e molte altre ancora erano le cose che ci rendevano felici. Invece poco o niente era rimasto di ciò che ci preoccupava alla partenza, dei problemi che affrontiamo ogni giorno e a volte ci sembrano insormontabili, o delle preoccupazioni per cose che alla fine non sono neanche importanti.
Adesso non rimane che aspettare un pò, allenarsi e proporre qualcos’altro a Roby 🙂







